Private View >
Arturo Martini e la ceramica dipinta

Salvatore Fancello • Lucio Fontana • Leoncillo Leonardi • Fausto Melotti • Giacinto Cerone • Amilcare Rambelli • Antonio Recalcati
> (a cura di) Lorenzo Fiorucci

Piacenza


> solo su appuntamento tel. +39 340 5853970

Private View nasce dalla collaborazione tra Montrasio Arte, ED Gallery (Piacenza) e Studio120 (Piacenza).
Private View è un cambio di paradigma che consente una narrazione dell’arte moderna e contemporanea attraverso un percorso trasversale.
L’opera ceramica di Arturo Martini (Treviso 1889 • Milano 1947) è il fulcro di un viaggio che ci condurrà alla scoperta di capolavori di Lucio Fontana (Rosario 1899 • Comabbio 1968), Salvatore Fancello (Dorgali 1916 • Bregu Rapit 1941), Leoncillo Leonardi (Spoleto 1915 • Roma 1968), Fausto Melotti (Rovereto 1901 • Milano 1986),
Giacinto Cerone (Melfi 1957 • Roma 2004), Amilcare Rambelli (Milano 1924 • 1976) e Antonio Recalcati (Bresso 1938).
Il “fare” dell’arte comporta una serie di principi di cui spesso ci si dimentica. Due di questi, imprescindibili, sono costituiti dall’ideità che presiede alla fase progettuale e determina sostanza dell’opera stessa, consentendole di collocarsi sempre un passo più in la, oltre la circostanza e oltre il momento storico che la genera, conferendole quella “futuribilità” che le consente di qualificarsi come invenzione. Perchè, è bene ripeterlo ossessivamente, l’invenzione è una condizione indispensabile all’arte, e senza invenzione non esiste arte. Non si può pensare all’arte se non come una continua, ininterrotta serie di scatti in avanti, o a un flusso continuo in cui un’idea ne genera un’altra e, per contro, ogni idea procede da un’idea che la precede.

Una mostra sulla scultura ceramica del Novecento non solo rende giustizia di una tecnica ingiustamente considerata per troppo tempo minore per mero pregiudizio storico, ma restituisce anche la mutata sensibilità contemporanea che lentamente, ma inesorabilmente, va consolidandosi rispetto ad un medium che ha oggettivamente coinvolto i maggiori artisti dell’arte italiana del secolo scorso con risultati spesso sorprendenti rispetto anche alle singole produzioni extra ceramiche. Va dato anche atto che un simile cambiamento sta avvenendo grazie a pubblicazioni e mostre che rimetto al centro riflessioni critiche sulle implicazioni che l’utilizzo della ceramica ha avuto nella storia dell’arte italiana e non solo, avviate proprio a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo scorso. Un’attività intensificata negli ultimi anni un po’ ovunque, ma che una galleria come Montrasio ha in vero sostenuto da decenni offrendo, in tempi non sospetti, focus specifici su temi e autori che hanno fatto della ceramica un mezzo d’elezione. Artisti come: Salvatore Fancello, Lucio Fontana, Leoncillo Leonardi, Fausto Melotti, Giacinto Cerone, ma anche Amilcare Rambelli, Antonio Recalcati sono stati negli anni oggetto di studio e promozione in contesti nazionali e internazionali, da parte della galleria. Una scelta dunque convinta, che delimita il campo d’azione e che qualifica la proposta tracciando una linea d’interesse forte e consolidata nel tempo. Anche in questa circostanza si offre uno sguardo specifico attorno ad un’idea di scultura ceramica improntata nella specifica capacità cosmetica della materia di inglobare i colori. Nella mostra “Private visit” si dà dunque conto di una linea caratteristica della scultura ceramica: la linea di colore della scultura, recuperata proprio a cavallo tra le due guerre da un ristretto gruppo di artisti che si sono avvicinati in forma individuale alla scultura colorata, talvolta senza troppa convinzione come per Arturo Martini, altre volte per polemica come Leoncillo, altre ancora per curiosa sperimentazione come Lucio Fontana, altre per necessità come per Fausto Melotti. Un universo che si espande tra gli anni Trenta e Cinquanta e che appare ancora confinato a poche, ma convinte soluzioni in cui la plastica materica viene implementata dalla materia colorata, raggiungendo un’espressività spesso contraria ai canoni estetici del tempo, esemplati su modelli di rigide monumentalità sironiane, o nelle etruscheggianti compsizioni in terracotta di Martini, queste si convinte, e nelle dinamiche plasticità di Marino Marini, in uno sforzo di perseguire una nuova purezza storica. In verità le forme liquide di un espressivo Leoncillo anni trenta/quaranta o le lumineggianti e fluide artificiosità scultore di Lucio Fontana che scopre a Sèvres i segreti del lustro importandoli ad Albisola, dall’amico Tullio, o le successive sgocciolature cromatiche di un mago del colore come Fausto Melotti, danno conto di quanto interesse verso la storia vi fosse al tempo, non solo per il recupero di una lezione inaugurata dalle botteghe fiorentine di Della Robbia e Buglione nel conferire alla terra un artificio colorato, ma quanto questo artificio fosse in verità impiegato con finalità diverse dai tre autori: polemicamente ideologico per Leoncillo, innovativo in senso di progresso estetico per Fontana, da sempre impegnato in un precario equilibrio tra polarità antitetiche (artificio e natura) e geometrico compositivo per Melotti. Forse anche Arturo Martini avrebbe, come le opere qui esposte dimostrano, aderito con entusiasmo a questa nuova pagina che si andava delineando nel secondo dopoguerra e, anche se la morte lo accolse prima che potesse esprimere ulteriori aggiornamenti, a lui va un altro merito, quello di aver posto i limiti cronologici di chiusura della precedente esperienza intuendo come una nuova estetica non solo sarebbe stata necessaria, ma avrebbe comunque chiuso con un certo modello di scultura. Basta qui ricordare una frase dello scultore che nel 1945 scrive quello che sarà un gesto che andrà sviluppandosi di li a poco dai suoi degni successori: “Anche solo stringendo la creta uno scultore autentico può fare scultura.”